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A Tavola! L'offerta enogastronomica tra l'Astico e il Brenta - L'ASPARAGO

Asparago

A Tavola! L'offerta enogastronomica tra l'Astico e il Brenta - L'ASPARAGO

In questa guida turistica, Erasmo Gastaldello ha curato il capitolo dedicato ai prodotti alimentari locali. Prima edizione, aprile 1994. Curatore della guida, Valerio Belotti.


L'asparago appartiene alla famiglia delle Gigliacee Asparagoidee ed il suo nome botanico, Asparagus officinalis L., si deve all'illustre scienziato svedese Carlo Linneo (1707-1778), che per primo classificò questo vegetale. Linneo, a cui si riferisce la lettera L puntata presente nella denominazione, ha aggiunto il termine "officinalis" a testimonianza del fatto che un tempo questa pianta era preziosa più per le sue radici, aventi caratteristiche terapeutiche e medicamentose, che per la sua bontà alimentare.

Le origini etimologiche della parola asparago, invece, derivano dal greco "asparagòs", da cui il latino "asparagus".
L'Asparagus officinalis L. è una pianta erbacea poliennale, cioè che vive e produce per parecchi anni (8-15), composta da un breve fusto sotterraneo orizzontale e squamoso, botanicamente chiamato rizoma, con gemme al centro e grosse radici cilindriche, carnose e lisce, terminanti in piccole radichette. Tutto ciò costituisce la cosiddetta zampa. A primavera, dalle gemme dei rizomi spuntano i turioni, che rappresentano la prelibata parte commestibile e che possono essere bianchi, rosati, violacei o verdi, a seconda dei diversi sistemi di coltura. Il turione bianco rimane tale perché viene raccolto quando non ha ancora ricevuto alcun raggio di luce e non ha quindi subito la naturale colorazione dovuta alla clorofilla. I deliziosi turioni, se lasciati crescere spontaneamente, diventano in breve tempo veri e propri fusti eretti, alti più di un metro, rigidi, verdi e provvisti di foglie.
Si ritiene che il genere Asparagus, comprendente circa 300 specie in maggior parte selvatiche o puramente ornamentali, debba la sua origine alla Mesopotamia, da cui, attraverso la Valle del Nilo arrivò nel bacino del Mediterraneo. In Italia, l'asparago era un piatto molto prelibato già presso i Romani e nel Veneto la sua coltivazione risale a molti secoli fa.
L'origine dell'asparago di tipo bianco nel territorio bassanese sembra risalire al XV - XVI secolo, quando, a causa di una terribile grandinata, l'ortaggio verde che sporgeva dal suolo venne completamente distrutto, spingendo così gli agricoltori a cogliere la parte bianca ancora sotterrata.
Fu l'inizio del successo, al quale contribuirono poi anche i Padri Conciliari, di passaggio per Bassano durante il Concilio di Trento (1545-1563), esaltandone le proprietà dietetiche e culinarie.
Le citazioni a proposito dell'asparago bianco di Bassano diventano numerosissime, anno dopo anno.
Con un grande salto nel tempo ci portiamo al 1965, anno in cui lo scrittore Ernest Hemingway pubblica il suo romanzo "Di là del fiume e tra gli alberi". Qui, in un famoso ristorante veneziano, l'ufficiale chiede ".....asparagi freschi?" e il maitre risponde "Vengono in aprile da Bassano". (cfr. Celotto F. Antonio, L'asparago del contado di Bassano, Bassano del Grappa, Ed. Libreria "La Bassanese", 1990, pag.16).
Inoltre, l'asparago bianco di Bassano è stato e continua ad essere protagonista nelle decorazioni di ceramiche tipiche della nostra zona.
Nel 1980, il pregiato turione di Bassano ha ottenuto la D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata) e successivamente è stato creato anche il "Consorzio di Tutela dell'Asparago D.O.C." che attualmente conta più di 200 soci.
Purtroppo, però, "tra le rose ci sono anche le spine": non si riesce ancora a controllare in maniera adeguata la serietà della produzione e della commercializzazione. Non tutti i produttori, i rivenditori e i ristoratori operano con la massima onestà contribuendo così a screditare il valore di questo prezioso vegetale, ricco di vitamine A, B, C, di manganese, ferro, fosforo, calcio e di proprietà diuretiche e depurative.
La zona tipica, autorizzata a produrre l'asparago D.O.C., comprende i comuni di Bassano, Cartigliano, Cassola, Mussolente, Pove, Romano, Rosà e Rossano Veneto. In questa area ci sono le caratteristiche del terreno ideali per la coltura del delicato turione, che non ama assolutamente i sassi o la ghiaia che ne ostacolerebbero la crescita. Il periodo ideale di raccolta va, secondo un vecchio detto popolare, dal giorno di San Giuseppe - 19 marzo - al giorno di Sant'Antonio da Padova - 13 giugno.
Da recenti statistiche, si può notare come la produzione dell'asparago bianco di Bassano sia stazionaria da anni. Attualmente, viene stimata intorno ai 900 quintali annui, commercializzati da tre Cooperative (Coop. S. Zeno, Coop. Rosà e Coop. Agr. Bassanese), nelle quali conferiscono i turioni prodotti rispettando il disciplinare del Consorzio e confezionati nei caratteristici mazzi, racchiusi in un vimini - "stroppa" nel nostro dialetto - e contraddistinti dal sigillo di tutela del prodotto. A questa quantità se ne deve aggiungere una non calcolata, venduta direttamente dalle aziende produttrici.
La produzione di asparagi D.O.C. è però minacciata da una crescente e serrata concorrenza; ci ritroviamo invasi da asparagi provenienti da altre zone, soprattutto dalla Spagna, con prezzi decisamente più bassi, che permettono guadagni più consistenti, e che presentano caratteristiche qualitative decisamente inferiori, quali una maggiore durezza, una minore digeribilità e la mancanza di quella tipica fragranza che caratterizza i nostri turioni. Si noti che, per la sua caratteristica di coltivazione, l'asparago bassanese potrebbe essere commercializzato come prodotto biologico, ipotesi da non sottovalutare, visto il crescente interesse verso questo tipo di alimenti.
Alcuni ristoratori bassanesi, da una decina di anni, organizzano, durante il periodo di produzione, cene e convegni sull'asparago D.O.C.; a loro non possiamo chiedere di più, anzi.....complimenti!!!
Occorrerebbe, piuttosto, che il Consorzio unisse le forze e dimostrasse il suo doveroso coraggio, investendo tempo e denaro nella ricerca genetica, al fine di perfezionare la cultivar locale, promuovendola seriamente, valorizzandone le caratteristiche organolettiche e, soprattutto, tutelandone l'originalità tramite attenti e frequenti controlli presso i produttori, i rivenditori e i ristoratori per "scovare i soliti furbi".

Foto di Frauke Riether da Pixabay
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