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A Tavola! L'offerta enogastronomica tra l'Astico e il Brenta - SOPRESSA NOSTRANA
Soppressa Nostrana
A Tavola! L'offerta enogastronomica tra l'Astico e il Brenta - SOPRESSA NOSTRANA
In questa guida turistica, Erasmo Gastaldello ha curato il capitolo dedicato ai prodotti alimentari locali. Prima edizione, aprile 1994. Curatore della guida, Valerio Belotti.
La sopressa veneta, viene prodotta utilizzando le parti migliori del maiale ma è soprattutto la quantità di ossocollo, spalla e coscia a determinare la qualità dell'impasto e, quindi, del prodotto finito, senza però dimenticare la grande maestria del "norcino" (l'addetto alla macellazione).
L'impasto viene macinato più volte, ma sempre a grana medio-grossa e poi viene condito con sale e pepe spezzato. Ottenuto l'impasto desiderato, lo si insacca a mano nel budello gentile bovino, si immerge il tutto in acqua calda e si massaggia per dare la forma e comprimere bene la carne. Si punge poi la sopressa con un punteruolo a più aghi di acciaio per fare uscire l'aria, quindi, una volta legata, la si mette ad asciugare per 5-6 giorni, magari vicino al fuoco. A questo punto, la sopressa è pronta per iniziare il suo lungo periodo di stagionatura, che varia da 6 mesi a più di 1 anno.
La pezzatura della sopressa è molto più grossa di quella del salame, questo perché deve stagionare per molto tempo senza perdere la sua tipica morbidezza. Anche l'impasto interno si presenta come quello del salame, ma il gusto ed il profumo sono molto più intensi ed "affascinanti", anche se nella sopressa non viene mai messo l'aglio.
Un'interessante proposta è la "sopressa investita", cioè quella con al centro una rosa di ossocollo, mentre una vera specialità, che si scioglie in bocca e dal sapore molto delicato, è la "bocconata", una sottile corona di sopressa che racchiude grossi pezzi di ossocollo e di pancetta. La "bocconata" è un salume veramente molto difficile da reperire in quanto presenta delle enormi difficoltà nella fase dell'insaccamento, prima, e della stagionatura, poi. Durante la prima fase, bisogna essere veramente dei grandi maestri norcini per non lasciare dell'aria all'interno che farebbe rancidire tutto il prodotto; mentre, per quanto riguarda la stagionatura, i problemi sono legati ai diversi tempi di asciugatura dell'ossocollo, della pancetta e della sopressa. I pochi fortunati che riescono ad assaggiare la "bocconata", la ricordano per sempre.
La sopressa è, da vari secoli, simbolo della nostra regione, testimone-protagonista di innumerevoli occasioni di festa e di grandi "tavolate".
Ancora oggi, nelle famiglie contadine, l'uccisione del maiale è sinonimo di festa, di famiglie riunite, di conversazioni gioiose ed interminabili, .....insomma, è un grande evento. Si incomincia al mattino molto presto facendo bollire l'acqua necessaria per lavare e depilare il maiale appena ucciso. Per tutto il giorno si insaccano "musetti", "luganeghe", "bondole", salami e, soprattutto, prelibate sopresse, per finire a notte inoltrata davanti al caminetto a "far filò" (chiacchierare), magari in compagnia di "bagigi" e di un buon bicchiere di vino rosso.
Il consumatore moderno attento alla qualità è sempre più interessato ad un prodotto genuino, legato il più possibile alle tradizioni. Purtroppo, tutto questo non va molto d'accordo con le attuali normative sanitarie.
Le sopresse "de casa, a la vecia maniera", stagionate per tempi molto lunghi in cantine ventilate in maniera naturale e con il pavimento in terra battuta, non possono essere vendute nei negozi. Queste cantine favoriscono lo sviluppo di un substrato di batteri necessari alla fermentazione del salume che, proprio grazie ad essa, si trasforma diventando molto più digeribile e modificando i propri grassi arricchendoli di grassi polinsaturi, con tutti i vantaggi che ne derivano per la nostra salute.
Le leggi vigenti, invece, esigono prodotti derivati da maiali di allevamento, asciugati in forni di essiccazione e stagionati per brevi periodi in stanze praticamente sterili dove gli unici materiali ammessi sono l'acciaio inossidabile, il polistirolo, le piastrelle di ceramica e la plastica.
Tutto ciò va ad enorme discapito della qualità, del gusto e della digeribilità. Infatti, data la scarsissima fermentazione che il prodotto subisce, diventa necessario aggiungervi degli additivi come i nitrati o altri conservanti al fine di garantirne la durata nel tempo.
I piccoli artigiani, garanti della tipicità e della genuinità, che non possono permettersi grossi investimenti, sono quindi costretti a chiudere. Addio "sopresse de casa a la vecia maniera".
Speriamo che le conquiste scientifiche possano ovviare a tutto quello che si sta perdendo in fatto di cultura e tradizioni rurali!!!
Non bisogna comunque disperare. Esistono, per fortuna, alcuni salumifici che lavorano ancora con l'alta qualità e che prodigano i loro sforzi al fine di raggiungere un connubio tra tipicità-genuinità e attuali normative.