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A Tavola! L'offerta enogastronomica tra l'Astico e il Brenta - IL BACCALA'

Il Baccalà

A Tavola! L'offerta enogastronomica tra l'Astico e il Brenta - IL BACCALA'

In questa guida turistica, Erasmo Gastaldello ha curato il capitolo dedicato ai prodotti alimentari locali. Prima edizione, aprile 1994. Curatore della guida, Valerio Belotti.


Si tratta del merluzzo Gadus morrhua, capostipite della famiglia dei Gadidi, che vive in branchi numerosissimi nelle gelide acque del Mare Artico, al largo della Norvegia.
Il merluzzo Gadus morrhua può raggiungere 1 metro e mezzo di lunghezza e oltre 50 Kg di peso. Il suo corpo è fusiforme, con tre pinne dorsali e colorazione bruno-argentea; la pinna codale non è biforcata e sulla mandibola c'è la presenza di barbiglio.
Queste caratteristiche lo distinguono dalle altre specie simili, chiamate anch'esse merluzzo, e dal nasello (Merluccius merluccius), il suo sosia presente nel Mare Mediterraneo.
Attualmente non esistono particolari normative e quindi tutto il pesce denominato merluzzo - dal pregiato Gadus morrhua ai meno autentici Melanogrammus aeglefinus, Molva molva, Brosme brosme e Pollachius pollachius - può essere trasformato in baccalà e in stoccafisso.
Le origini etimologiche del baccalà risalgono al termine che spagnoli e portoghesi usavano per indicare i merluzzi - bacalaos - o forse ad una definizione fiamminga del Piscis durus - Bakeljauw.
Per la preparazione del baccalà, i merluzzi vengono decapitati ed eviscerati. Aperti in tutta la loro lunghezza, fino a sembrare dei grandi triangoli, vengono prima salati e poi essiccati. Si vendono interi oppure a filettoni.
L'etimologia dello stoccafisso deriva dalla denominazione data dai norvegesi a questo pesce: stocvisch, composto di stoc = bastone e visch = pesce.

Per la preparazione dello stoccafisso i merluzzi vengono decapitati ed eviscerati immediatamente dopo la cattura, quindi, legati in coppia per la coda, vengono appesi su degli appositi graticci e lasciati ad essiccare sotto l'azione del vento gelido del Nord. Una volta essiccato, lo stoccafisso si presenta con le sembianze di un grosso bastone, con pelle grigia dai riflessi paglierini, con carne giallastra, secca e dura, con profumo deciso, penetrante e molto persistente.
A questo punto, è doveroso precisare che il famoso "Baccalà alla vicentina" è, in realtà, lo stoccafisso. Comunque non saremo noi a volere cambiare una tradizione secolare, che sembra dettata da una facilità fonetica più vicina al nostro dialetto.
Dalle isole Lofoten, proviene lo stoccafisso più pregiato, dal quale, una volta arrivato in Italia attraverso il porto di Genova, si seleziona la qualità "ragno", molto ricercata nel vicentino. Un tempo si trattava di pesci particolarmente grossi, pescati alla fine di marzo, ma con i cambiamenti climatici ed il conseguente innalzamento della temperatura, non si riesce più ad essicare merluzzi così grandi perché il sole li fa ammuffire. Oggi lo stoccafisso viene chiamato "ragno" per le sue nervature naturali che, osservate in controluce, assomigliano ad una ragnatela. Questo particolare, comunque, non è solamente estetico. Quando uno stoccafisso può fregiarsi del nome "ragno" significa che è un pesce meno grasso, quindi preferibile in cucina per la sua resa, e che ha subito un processo di essiccamento perfetto avvenuto lentamente con un ottimale equilibrio tra sole e vento.
L'essiccamento è uno dei più antichi sistemi di conservazione degli alimenti, affermatosi nei Paese Nordici per la necessità che i vichinghi avevano di trasportare nelle loro veloci imbarcazioni, i drakkar, alimenti molto leggeri che potessero fornire il massimo delle energie per sfamare le ciurme addette ai remi: 100 grammi di merluzzo fresco forniscono 68 calorie, mentre lo stesso peso essiccato ne fornisce 322.
Leggerezza, facilità di trasporto e conseguente contenimento dei costi, hanno contribuito in maniera determinante al successo dello stoccafisso. Nel vicentino è arrivato molti secoli fa e, fin dal primo momento, è entrato prepotentemente nella nostra cucina.
La storia ci tramanda che lo stoccafisso fu un piatto apprezzato da molti personaggi illustri e in occasioni memorabili.
Si racconta che nel 1530, quando Carlo V, in viaggio verso Bologna dove il papa Clemente VII lo avrebbe incoronato Imperatore, soggiornando a Sandrigo nella splendida Villa Sesso Schiavo, venne a sapere dell'abitudine dei condannati a morte del luogo di chiedere, come ultimo desiderio, una porzione di polenta e baccalà, volle assaggiare questo piatto. Egli rimase talmente soddisfatto da nominare i presenti <> (tutti cavalieri).
Più tardi, durante il Concilio di Trento (1545-1563), i cuochi vicentini al seguito dei Padri Conciliari riscossero un enorme successo con il loro "baccalà alla vicentina".
Il Concilio, poi, impose l'osservanza del "mangiar di magro", regola che contribuì a diffondere il "pesce stocco" nella nostra provincia, particolarmente obbediente alla Chiesa.
Consumato come "piatto dei poveri", il "baccalà alla vicentina" ha goduto di un escalation prorompente tant'è che ha conquistato nel mondo una fama che va a braccetto con quella di Andrea Palladio.
L'estro e la maestria dei nostri cuochi hanno poi contribuito massicciamente a rendere stoccafisso e baccalà primarie fonti di guadagno per l'industria ittica norvegese e per questo hanno ricevuto i ringraziamenti dal Consigliere Commerciale dell'Ambasciata di Norvegia, Peter Johannesen, durante la presentazione del libro "Stoccafisso & Baccalà" di Vincenzo Buonassisi e Silvio Torre.
A questo piatto sono state dedicate numerose poesie, canzoni e proverbi. Tra questi, "Bacalà a la visentina, bon de sera e de matina" e il meno raffinato "Done, cani e bacalà no i xe boni se no i xe pestà".
Il poeta padovano Agno Berlese nella sua lode "Polenta e bacalà", scrive: "Chi xe che gà inventà Polenta e bacalà? Disìmelo, creature, 'sto nome, 'sto portento, che toga le misure par farghe un monumento. ", e finisce sostenendo "...che dopo gnanca un'ora che te lo ghe magnà vien su...la dolce aurora de la felicità."
Negli Anni Venti, il poeta vicentino Adolfo Giuriato dedica fiumi di nobili parole al "nostro piatto" ne "Le Vilote del Bachiglion": "...E a quei che dise che i visentini xe magnagati nati e spuà, su, regalémoghe sti boconzini e alora in estasi i cantarà: Viva i Bèrizi sta rarità; viva la patria del bacalà! "
Numerose sono le canzoni popolari cantate nelle osterie e trattorie, in cui il baccalà è protagonista. Nel 1993 finisce nientemeno che in un album del più colto e raffinato interprete della canzone italiana, Paolo Conte, intitolato "Novecento". Nel brano "Pesce Veloce del Baltico", l'artista canta: ".....Pesce Veloce del Baltico dice il menù, che contorno ha? Torta di Mais e poi servono polenta e baccalà, cucina povera e umile fatta d'ingenuità caduta nel gorgo perfido della celebrità.....".
Nel 1987 a Sandrigo è nata la "Venerabile Confraternita del Baccalà alla Vicentina" con lo scopo di conservare antiche tradizioni e buona cucina. La Confraternita si occupa di sostenere e diffondere questo "grande piatto" segnalando i locali che si impegnano a servirlo come si deve, di condurre studi e ricerche sulle antiche ricette, di promuovere convegni, di organizzare annualmente le "Giornate italo-norvegesi" e, soprattutto, sta cercando di ottenere la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) del "Baccalà alla vicentina"!

Ecco, per i più volenterosi, la ricetta approvata dalla "Venerabile Confraternita del Baccalà alla Vicentina":
Ingredienti per 12 persone: 1 chilogrammo di stoccafisso secco - 500 grammi di cipolle - 1 litro di olio di oliva extravergine - 3-4 acciughe - 1/2 litro di latte fresco - poca farina bianca - 50 grammi di Parmigiano Reggiano grattugiato - un ciuffo di prezzemolo tritato - sale e pepe.
Preparazione: ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni. Levare parte della pelle. Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi quadrati, possibilmente uguali. Affettare finemente le cipolle. Dissalare e diliscare le acciughe tagliuzzate; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.
Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all'altro, in un tegame di cotto o di alluminio, oppure in una pirofila, (sul cui fondo si sarà versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il Parmigiano grattugiato, il sale, il pepe. Unire l'olio, fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare. In termine vicentino questa fase di cottura si chiama "pipare".
Solamente l'esperienza saprà definire l'esatta cottura dello stoccafisso che può differire di consistenza da esemplare ad esemplare.
Si serve ben caldo con polenta in fetta, anche dopo un riposo di 12-24 ore, magari in compagnia di una buona bottiglia di Vespaiolo.

Foto di Peter Bösken da Pixabay
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