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Estate... è tempo di alpeggio

Estate... è tempo di alpeggio


Nella nostra regione è tuttora significativa la produzione casearia d’alpeggio, che si concretizza in numerose malghe disseminate sull’Altopiano dei Sette Comuni, sui Monti Lessini, sul massiccio del Monte Grappa e sulle montagne bellunesi.
Concentrando la nostra analisi alla sola zona dell’Altopiano dei Sette Comuni emergono subito dati significativi: in quest’area ci sono ben 77 malghe comunali e sono tutte alpeggiate; di queste, in ben 36 si trasforma il latte in formaggio (31 utilizzano latte vaccino, da animali di più razze e 5 invece trasformano il latte di pecora, qui rappresentato da animali di razza Sarda e Massese), mentre nelle altre il latte vaccino viene consegnato ai caseifici dell’Altopiano e della pedemontana vicentina per la successiva trasformazione casearia.

Le malghe sono di proprietà collettiva e vengono date in gestione ai Comuni, i quali le danno a loro volta in concessione, solitamente per un periodo di 6 anni, ai malghesi che si devono occupare dell’intera gestione degli animali, del territorio e della malga stessa; si tratta di compiti piuttosto impegnativi che prevedono il taglio delle erbe infestanti prima della fioritura, la cura della recinzione, il ripristino delle chiudende, la distribuzione del letame, la pulizia e la tinteggiatura dei locali di abitazione e di lavorazione, la pulizia della stalla, degli impianti di mungitura e delle concimaie, il corretto accumulo e smaltimento dei rifiuti, la pulizia delle cisterne e dei filtri, la messa in efficienza degli impianti di accumulo e di distribuzione dell’acqua, il controllo di efficienza delle griglie e delle sbarre di limitazione al traffico e la pulizia delle canalette di sgrondo delle acque piovane.

Per tradizione secolare, l’alpeggio ha inizio nei primi giorni di giugno, variando in funzione dell’altitudine dei luoghi e termina il 21 settembre, giorno di San Matteo patrono del Comune di Asiago. La tradizione dell’alpeggio nasceva molti secoli fa soprattutto per l’esigenza di abbassare i costi: portando le vacche in montagna, gli allevatori potevano dedicarsi maggiormente alla cura dei prati per la fienagione e alle coltivazioni di pianura.

Ma, oggi, perché si continuano ad affrontare questi sacrifici? Sicuramente, oltre alla tradizione, c’è la motivazione economica: in un alpeggio ben gestito e ben organizzato, il latte di alta qualità che ne deriva, se trasformato in formaggio, vale più del doppio di quello ottenuto nelle stalle di pianura. Esiste quindi un risultato economico certo che si incrementa poi anche con il formaggio finito e stagionato venduto direttamente agli appassionati buongustai o consumato sul posto dai turisti amanti della natura e della buona tavola.

Il formaggio prodotto in alpeggio è certamente una realtà di pregio che racchiude nella sua straordinaria bontà anche i meriti di sostenere un’economia turistica e di contribuire in maniera determinante alla salvaguardia del territorio.
Certo, non tutto il formaggio prodotto in malga è davvero sempre buono e privo di difetti, ma vedo questi aspetti come ulteriori garanzie di genuinità; sarà, quindi, sempre più importante “coltivare” la nostra consapevolezza storico-gustativa, quale elemento straordinario di giudizio e di stimolo “verso il meglio” per i produttori che ad ogni stagione si ritrovano ad affrontare numerose difficoltà nella lavorazione a causa di fermentazioni anomale, di lievi malanni alle vacche non diagnosticati in tempo, di improvvisi cambi di temperatura, ecc...

Sicuramente, però, i “malgari” del nostro altopiano hanno intrinseca la voglia di produrre bene e di salvaguardare la tipicità e la territorialità del prodotto perché tutta la trasformazione avviene a latte crudo, non raffreddato, ed il latto-innesto che si aggiunge è prodotto sul luogo e quindi con lo stesso latte. Inoltre, grazie in particolare ad un progetto fortemente voluto da Giambattista Rigoni Stern, tecnico agro forestale della Comunità Montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni (oltre che figlio del celebre Mario), è in atto da alcuni anni una costante riduzione dei mangimi dati come integratori alimentari alle vacche; questo progetto costringerà i gestori delle malghe ad un ritorno graduale verso razze meno produttive ma più votate alla qualità.

Questo articolo, scritto da Erasmo Gastaldello è stato pubblicato sul "Giornale di Vicenza" - agosto 2007 - nella rubrica curata dal Servizio Fitopatologico della Provincia di Vicenza.
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