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La Tosella, il formaggio "da cuocere".

La Tosella, il formaggio “da cuocere”

Continuiamo il nostro “viaggio caseario” estivo approfondendo la conoscenza di un altro prodotto che si associa alla bella stagione o, più in particolare, alle piacevoli giornate passate tra amici in qualche malga sulle nostre montagne.
La Tosella, questo formaggio che definiamo “al femminile”, è un prodotto caratteristico della nostra zona e vede il suo apice produttivo proprio in coincidenza con il periodo dell’alpeggio che va da maggio a settembre.

È in realtà un formaggio freschissimo, praticamente ancora quasi allo stadio di cagliata e quindi con una notevole parte di siero al suo interno, le cui origini sembrano risalire ancora una volta alla semplice e più arcaica delle sue funzioni: soddisfare le quotidiane necessità di sfamare i malgari.
Con l’utilizzo della Tosella veniva così preservato il più pregiato, commerciabile e remunerativo formaggio di malga, utilizzato un tempo anche come merce di scambio o per pagare i dazi ai fittavoli e oggi fattore di reddito importante grazie alla golosità dei frequentatori del nostro altopiano.

Dal punto di vista “tecnico”, la Tosella è un formaggio fresco, a pasta molle, ottenuto da latte vaccino e che si presenta con un colore bianchissimo ed una consistenza moderatamente elastica.
È un formaggio da consumare freschissimo, al massimo entro 2 o 3 giorni perché, contenendo parecchia umidità e poco sale, non si presta alla stagionatura.

Qualcuno lo mangia anche “tout court”, giusto condito con un filo d’olio o tagliato a pezzetti in un’insalata estiva, ma il suo sapore labile non può in questo modo soddisfare i palati più esigenti e così ecco che il percorso verso la sua sublimazione è davvero breve: basta un passaggio sulla griglia, oppure un piccolo “tirabaci” di burro in una padella calda dove poi adagiare la fetta di Tosella, o un’impanatura veloce con pane grattugiato e farina bianca o, infine, un passaggio svelto in un tegamino al forno “et voilà”, in pochi minuti avrete pronto un piatto davvero appetitoso che nella tradizione montanara lo vuole completato dalla polenta alla griglia e magari da freschi funghi di bosco.

La Tosella deve il suo nome con ogni probabilità alla parola “tosare”, termine con cui i malgari dell’altopiano di Asiago, oltre che il gesto riferito alla tosatura delle pecore, indicano anche il rifilare le forme di formaggio appena prodotto, smussandole delle sbavature che fuoriescono dagli stampi e recuperando così il prezioso alimento. Ma, oltre a ciò, c’è anche chi sostiene che il nome Tosella, in dialetto “tosela” sia anche un riferimento al termine gergale “tosa”, con cui viene identificata una giovane fanciulla, in associazione alla sua freschezza e delicatezza.

Alcune curiosità: sul Monte Grappa, nel territorio comunale di Arsié, c’è anche una valle con lo stesso nome del formaggio, la Val Tosella, dove, a 1.270 metri di altitudine, gli appassionati di escursioni possono trovare un po’ di riposo presso il rifugio Val Tosella. Nel comune di Monte di Iscioli, in provincia di Genova, si continua invece a coltivare una varietà di grano che si chiama Tosella rossa (o Riccella). Ha una resa molto bassa e una produzione talmente limitata che la farina ottenuta viene usata in famiglia o regalata agli amici. Un po’ come il nostro “Maranello”!

Infine, la Tosella mantiene il suo nome anche nella zona del Monte Grappa e delle montagne del Primiero mentre nel bellunese troviamo un formaggio pressoché identico ma dal nome completamente diverso: lo Schiz, il cui insolito nome sembra dovuto al fatto che, una volta messo in padella a cuocere, con il calore le goccioline di siero del quale è ancora intriso “schizzano” ovunque.

Questo articolo, scritto da Erasmo Gastaldello è stato pubblicato sul "Giornale di Vicenza" - giugno 2008 - nella rubrica curata dal Servizio Fitopatologico della Provincia di Vicenza.
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