Per Porthos Edizioni: Il formaggio - 1a parte
Questo articolo, scritto da Erasmo Gastaldello è stato pubblicato sulla rivista
"Porthos" n° 8 - dicembre 2001 - curata da Sandro Sangiorgi. Vengono "raccontati" alcuni cenni storici, produttivi e legislativi del formaggio.
Cari lettori di Porthos,
intendo approfittare di “Trame e Sapori” per approfondire assieme a voi il magnifico e vastissimo mondo caseario.
Non è mia intenzione però iniziare subito a descrivere questo o quell’altro formaggio in maniera specifica, bensì affrontare l’argomento in senso più generale partendo dalle origini storiche, passando poi per gli aspetti legislativi, approfondendo le varie fasi produttive ed approdando infine agli aspetti nutrizionali.
Alla fine di tutto ciò saremo finalmente giunti al…..punto di partenza!
Avremo cioè acquisito quelle nozioni base che ci permetteranno di “entrare” nei dettagli specifici di un singolo formaggio, o magari di una categoria di prodotti caseari, sapendo che cosa significhino certe terminologie del settore.
Per fare ciò, non posso certamente trasformare Porthos in una rivista monotematica, ma posso invece diluire l’argomento in più riprese; utilizzeremo quindi questa rubrica, ed il relativo spazio a disposizione per 2 o 3 numeri nei quali il formaggio sarà protagonista assoluto.
Cenni storici e legislativi:
La preistoria del formaggio inizia con il latte acidificato scoperto per caso in Oriente migliaia di anni fa. Lasciando, infatti, del latte all'aria per alcuni giorni questo, sotto l'azione di germi, si trasforma naturalmente fermentando e coagulandosi. Data la situazione di assoluto nomadismo esistente a quei tempi, si suppone che ciò sia avvenuto negli otri dove si cercava di conservare il latte appena munto, trasportati a dorso di cavalli e cammelli per giorni e giorni, magari sotto un sole cocente.
Tuttavia il documento più antico, che testimonia con particolare precisione le varie fasi di lavorazione e trasformazione del latte in formaggio, risale al 3.000 a.C.: si tratta di un bassorilievo su marmo denominato “Fregio della latteria” opera della civiltà Sumera, oggi esposto al Museo iracheno di Baghdad.
Saranno, comunque, poi Greci e Romani a dare una svolta decisiva alla produzione del formaggio e alla sua valorizzazione tramite varie scritture di Aristotele, Virgilio, Omero, Ippocrate e Plinio.
Anche l'etimologia del formaggio risale alla Grecia: deriva infatti da "FORMOS" che significa "messo in forma", riferito al riporre il latte coagulato in contenitori di giunco o in canestri. Dallo stesso termine deriva anche fromages per i francesi, mentre dal latino "CASEUS" deriva l'italiano cacio, il tedesco Käse, lo spagnolo queso e l'inglese cheese.
Un altro momento molto significativo nella storia del formaggio è il Medio Evo, grazie ai monaci che, con la loro organizzazione sociale ed agricola e la loro golosità, hanno saputo offrirci alcuni capolavori dell'arte casearia.
Ma, nonostante la produzione fosse già allora piuttosto variegata ed interessante, tranne poche eccezioni, non è facile trovare delle citazioni riguardanti il formaggio inteso come protagonista nell’alimentazione della gente che contava a quei tempi. Mentre ciò succede davvero spesso con il vino (bevanda-alimento sempre presente nelle tavole imbandite dei ricchi e potenti signoroni delle varie epoche) il formaggio, in quanto prodotto legato per forza alla pastorizia e, quindi, ai contadini, viene vissuto come alimento di puro sostentamento della povera gente e non appare quasi mai nei pranzi importanti dove si “giocava” invece ad ostentare ricchezza ed abbondanza.
Tra le poche citazioni, quindi, ne trascrivo una riguardante l’antenato di quello che oggi si chiama Parmigiano Reggiano ad opera di Giovanni Boccaccio che nel suo Decamerone così scrive
"...et eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niunan altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli...".
Un documento sicuramente importante per il mondo caseario sarà poi la famosa SUMMA LACTICINIORUM scritta nel 1477da Pantaleone, medico di Confienza, una località agricola vicino a Vercelli.
Si tratta del primo vero trattato sul formaggio, dove Pantaleone descrive la diversità del latte in rapporto all'alimentazione del bestiame ed ai luoghi di lavorazione del prodotto. Parla poi della cagliatura e della conservazione dei formaggi, ne descrive le forme, i colori, i profumi e i sapori; cita anche un buon numero di formaggi del Piemonte, la sua regione, e addirittura diversi tipi di formaggi stranieri.
Lasciamo ora alle spalle la storia per passare a riflettere su alcuni aspetti che ci riguardano più da vicino in quanto regolamentano il mondo caseario tutt’oggi.
Il recente 1° giugno 1951 segna uno dei momenti più significativi della storia del formaggio.
In questa data, infatti, fu stilata la "Convenzione di Stresa" ovvero un accordo internazionale stipulato da Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Italia, Norvegia, Olanda e Svizzera, sull'uso dei nominativi di origine e della denominazione dei formaggi.
Conseguentemente, nel nostro Paese fu approvata la legge n.125 del 10 aprile 1954 che tutt’ora definisce e tutela le denominazioni di origine e tipiche dei formaggi. Fu una svolta davvero importante, in quanto si tratta della prima legge emessa in Italia a salvaguardia di un comparto alimentare:
“Art. 2. Sono riconosciute agli effetti della presente legge come "denominazioni di origine" le denominazioni relative ai formaggi prodotti in zone geograficamente delimitate osservando usi locali e costanti e le cui caratteristiche merceologiche derivano prevalentemente dalle condizioni proprie dell'ambiente di produzione.
Sono riconosciute come "denominazioni tipiche" quelle relative a formaggi prodotti nel territorio nazionale, osservando usi leali e costanti, le cui caratteristiche merceologiche derivano da particolari metodi della tecnica di produzione.
Art. 10. Chiunque usi le denominazioni di origine o tipiche riconosciute alterandole oppure parzialmente modificandole, con aggiunte anche indirettamente con termini rettificativi, come tipo, uso, gusto, o simili, è punito con la reclusione sino a sei mesi e con la multa sino a lire 50.000. (Oggi, chiaramente, quest’ultimo parametro è stato rivisto).
Le stesse pene si applicano anche quando le denominazioni alterate come sopra sono poste sugli involucri, sugli imballaggi, sulle carte di commercio e in genere sui mezzi pubblicitari…..”
Le prime denominazioni decretate in data 30 ottobre 1955 sono state concesse alla Fontina, al Gorgonzola, al Grana padano, al Parmigiano Reggiano, al Pecorino romano, al Pecorino siciliano, all'Asiago, al Caciocavallo, al Montasio, al Provolone, al Ragusano e al Taleggio.
Si è trattato insomma della nascita della sigla D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata) in Italia, oggi sostituita dalla sigla D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta), mentre le Denominazioni Tipiche sono diventate I.G.P. (Identificazione Geografica Protetta).
Che cosa significa questa trasformazione? Nella sostanza non cambia niente, tutte le “vecchie” D.O.C., infatti, sono ancora valide e sono state trasferite automaticamente nelle nuove D.O.P.
Questa sigla è frutto della Comunità Europea ed ha lo scopo di unificare nel valore la D.O. (Denominacion de Origen) spagnola, la A.O.C. (Appellation d’Origine Contrôlée) francese, ecc., per fare maggiore chiarezza nei confronti del consumatore che, trovandosi di fronte ad un prodotto straniero magari sconosciuto, se questo sarà tutelato dalla stessa sigla, verrà subito mentalmente collocato nel suo giusto contesto.
Mentre scrivo, in Europa ci sono 127 formaggi tutelati da una D.O.P. o da una I.G.P. e sono così suddivisi: 38 in Francia, 30 in Italia (tutti D.O.P.), 20 in Grecia, 11 in Spagna, 10 in Portogallo, 8 in Inghilterra, 3 in Germania, 2 in Austria, 2 in Danimarca, 2 in Olanda ed infine 1 in Belgio.
Possiamo, quindi, considerare questi formaggi D.O.P come i migliori nel mercato?
Lo scopriremo sul prossimo numero. A presto!
Foto di Anthony Arnaud da Pixabay