Per Porthos Edizioni: Il formaggio - 3a parte
Questo articolo, scritto da Erasmo Gastaldello è stato pubblicato sulla rivista
"Porthos" n° 10 - giugno 2002 - curata da Sandro Sangiorgi. Vengono "raccontati" alcuni cenni storici, produttivi e legislativi del formaggio.
Formaggi a latte crudo
Formaggi a latte crudo?.....Sì, grazie.
Certamente avrete sentito parlare più di una volta di formaggi a latte crudo, senza alcun dubbio in maniera poco positiva, quando non addirittura in modo accusatorio verso la nostra salute.
Negli ultimi tempi, si era persino diffusa la voce che sosteneva la necessità di vietare totalmente la loro produzione perché in Svizzera alcune persone erano morte a causa del batterio “Listeria” sviluppatosi sulla crosta di alcuni formaggi prodotti con latte crudo. E ancora, ecco il mercato statunitense vietare la loro importazione. In Italia le varie A.S.L. “gioivano” di tutto questo, secondo me perché non avevano né fondi né personale per eseguire i controlli e le analisi dei prodotti “incriminati”. E, mentre la Francia, popolo di rivoluzionari, si era subito ribellata a questi ipotetici divieti ed alle pretese del mercato statunitense da noi molti “malgari” hanno abbandonato le loro malghe e il territorio alpino, molti “casari” hanno cessato la produzione e molti “buongustai” hanno perso troppi sapori autentici.
Oggi in quale situazione ci troviamo?
Beh, innanzitutto il formaggio svizzero incriminato, effettivamente causa della morte di alcune persone, non era stato prodotto da un piccolo artigiano bensì da una grande industria e, soprattutto, lavorato con latte pastorizzato. Tuttavia, ancora oggi in Svizzera si tende a volere pastorizzare tutto con la conseguenza che rimangono interessanti solamente i formaggi stagionati che alcuni produttori si ostinano a creare con latte crudo.
In America, si continuano ad importare i formaggi a latte crudo, e si possono anche produrre in territorio statunitense, purché abbiano al momento della vendita almeno 60 giorni di stagionatura, ciò a scopo precauzionale. In Italia, si stanno riconsiderando i formaggi a latte crudo come i migliori del mercato ed è quindi nato attorno ad essi un fortissimo interesse. In Portogallo, in Spagna e soprattutto in Francia, i formaggi a latte crudo sono storicamente ed in assoluto considerati i migliori ed i più pregiati.
Ma, che cosa significa “latte crudo”?....e prima ancora, che cos'è il formaggio?
Andrè Simon, scrittore, esperto di vini ed autore di una fondamentale bibliografia gastronomica, lo esaltò con queste parole: “Il formaggio è latte diventato adulto. Non più liquido, ma solido o semisolido.”
Per la legislazione italiana, invece, il formaggio è il prodotto ottenuto dalla coagulazione acida o presamica, con eliminazione del siero, del latte intero, oppure parzialmente o totalmente scremato o anche arricchito con aggiunta di panna.
L'eliminazione del siero è dunque la fase della preparazione che contraddistingue i formaggi da altri prodotti costituiti da coaguli di latte, quali i latti fermentati tipo yogurt, kefir o simili.
Nella lavorazione del formaggio, il latte può venire impiegato crudo, oppure pastorizzato o, peggio ancora, portato ad altissime temperature (UHT), quando non addirittura ridotto in polvere (la produzione di formaggi con il latte in polvere non è permessa in Italia, ma è permessa l’importazione da Paesi che ne fanno invece largo uso, Germania in primis, sich!).
Nella pastorizzazione, si porta il latte a 72°C per 15 secondi, i batteri vengono così distrutti ma, si riduce notevolmente anche la microflora utile per la trasformazione del latte in formaggio e, soprattutto, vengono eliminati gran parte degli enzimi naturali che devono poi essere recuperati con innesti (lascio invece a voi immaginare che cosa potrà succedere ai poveri microrganismi con le altre due tecniche estreme).
L'utilizzo di latte crudo, quindi non sottoposto all’innalzamento della temperatura è oramai patrimonio dei formaggi di alto pregio e la maggiore carica batterica, anche se comporta meno costanza nella riuscita finale, dona sapore, aroma e qualità insuperabili. Inoltre, conservando i fermenti lattici originari e non dovendo quindi aggiungerne degli altri, si conserva in questo modo anche la tipicità e la territorialità di quel latte che sarà addirittura ancora migliore quando non avrà subito ne riscaldamento e ne refrigeramento, cioè quando il passaggio dalla stalla alla caldaia sarà immediato.
Certo, in tutto questo il fattore igiene deve rivestire un ruolo importantissimo e, se si vorrà produrre un formaggio pregiato lavorato a latte crudo, ecco che si dovrà necessariamente prestare la massima attenzione alla pulizia in stalla, alla salute degli animali, alla loro alimentazione, alla pulizia prima – durante – dopo la mungitura, alla pulizia delle attrezzature, ecc...
Tuttavia, alcuni di questi fattori potrebbero essere addirittura annullati. Nel momento in cui si ricominciasse a valorizzare le razze autoctone di ogni singola zona, si riscoprirebbe che questi animali starebbero molto meglio al libero pascolo piuttosto che rinchiusi in delle “gabbie”. Rimanendo al pascolo ecco che subito sparirebbe il problema della pulizia nelle stalle (non ci sarebbero le stalle), la salute degli animali sarebbe frutto dell’ottimo stato di benessere psicofisico dato dal fatto di “sentirsi liberi” e l’alimentazione sarebbe straordinariamente ricca di ottime essenze profumate ed assolutamente priva di insilati che creano poi problemi di fermentazione agli animali ed ai formaggi. Recenti studi hanno in proposito dimostrato l’alto valore del libero pascolo anche ai fini delle caratteristiche nutrizionali oltre che aromatiche.
Da alcuni anni in Italia abbiamo addirittura un’associazione che si occupa della tutela e della salvaguardia dei formaggi ottenuti dal latte di animali al libero pascolo: si chiama A.N.FO.S.C. (Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo) ed è presieduta ed animata dal Prof. Roberto Rubino, responsabile dell’Istituto Sperimentale Zootecnico di Potenza.
Grande importanza rivestono anche le antiche attrezzature in legno e i locali di produzione e di stagionatura “storici” la cui rivalutazione si deve agli studi del Prof. Giuseppe Licitra, docente presso l’Università di Ragusa e di Catania e, soprattutto, responsabile e “vulcanica” mente del Co.R.Fi.La.C. (Consorzio di Ricerca della Filiera Lattiero Casearia) di Ragusa, di cui riporto una breve ma eloquente nota di presentazione:
“L'attività principale del Consorzio è finalizzata allo studio delle produzioni lattiero casearie tradizionali Siciliane seguendo un approccio di filiera ed è indirizzata alle piccole e medie imprese.
L'obiettivo finale è quello di elevare le produzioni casearie storiche, ottenute con processi tradizionali, a delle vere “opere d'arte” da annoverare tra i beni culturali Italiani.”
Ho toccato con mano questa magnifica realtà esattamente pochi giorni fa, quando ho avuto il grande onore di essere invitato, in qualità di esperto, a partecipare a “Cheese ART 2002 – Il rinascimento del gusto”, superba manifestazione che si è svolta nel Castello di Donnafugata, a Ragusa, dal 4 al 9 giugno. Si è trattato, in assoluto, di uno dei più importanti eventi a livello mondiale dedicati al formaggio mai realizzati fin’ora. Permettetemi alcuni approfondimenti sull’eccezionalità di quanto è successo in questa kermesse. Le mattinate sono state dedicate a 3 straordinari convegni scientifici: uno sullo “Sviluppo sostenibile e bio-diversità delle aree rurali del Mediterraneo”, un altro su “Sistemi tradizionali di produzione casearia, salubrità e qualità dei formaggi a latte crudo” ed infine un altro su “Potenziali proprietà antitumorali dei prodotti lattiero caseari”.
Nel primo convegno è stato sublimato il concetto di bio-diversità delle produzioni casearie artigianali Euro-Mediterranee, come sintesi di culture e tradizioni con le quali andremo sempre più a convivere e ed è stato sottolineato come questi sistemi di produzione debbano essere considerati punti di forza e non di debolezza per lo sviluppo sostenibile dell’intero Mediterraneo, in particolare per le realtà rurali a rischio di spopolamento. Oltre a degli interessantissimi interventi riguardanti la situazione in Turchia, in Marocco, in Libano, in Sud Africa, ecc., vorrei che ci fermassimo un istante a riflettere sull’importanza che riveste, per la “semplice” sopravvivenza di popolazioni nomadi, la produzione del formaggio del deserto, ovvero il formaggio di cammello dell’Africa Sub-sahariana, che oggi è una magnifica realtà grazie in particolare alla dottoressa Nancy Abeiderrahmane, arrivata a Ragusa dalla Mauritania.
Questo latte è veramente difficile da ottenere anche perché il cammello è un animale che, oltre a produrne davvero poco, si affeziona a chi lo accudisce e si lascia mungere esclusivamente da questa persona. Nell’Istituto dove la dott.ssa Abeiderrahmane lavora (e del quale è anche Presidente) ogni tentativo di mungitura meccanica è fallito. A proposito, il formaggio era anche abbastanza buono, la consistenza cremosa ed il sapore delicato, inoltre, il latte di cammella ha un bassissimo contenuto di grassi ed è molto digeribile.
Nel secondo convegno sono state messe in risalto le moderne pratiche igieniche che hanno contribuito a migliorare la qualità e la salubrità del latte crudo, non in contrasto ma bensì in coesione con i sistemi tradizionali di trasformazione casearia che, unitamente alle caratteristiche chimiche dei formaggi stessi, ci hanno “regalato” dei superbi prodotti a latte crudo fin dai tempi antichi e cioè da molti secoli prima dell’avvento della pastorizzazione. Insomma, non saremo mica sopravissuti ai formaggi a latte crudo per pura fortuna.......
I formaggi a latte crudo sono naturalmente dotati di potenziali fattori che inibiscono la crescita di agenti patogeni; questi fattori sono la relazione tra pH, temperatura e durata di ogni singolo processo durante la caseificazione, la quantità di sale sull’umidità e l’alta pressione osmotica nei formaggi, l’attività dell’acqua libera, i processi di proteolisi e lipolisi durante la stagionatura ed infine la durata della stagionatura. Determinante a tal proposito è stato l’intervento del Prof. D. M. Barbano, ricercatore della Cornell University (USA) nonché consulente mondiale per la multinazionale Kraft. Nonostante questo suo ruolo all’interno di uno dei maggiori gruppi mondiali pro-globalizzazione, il Prof. Barbano ama particolarmente la qualità ed il grande contenuto umano delle piccole produzioni e sta portando avanti numerose ricerche scientifiche atte soprattutto a valorizzare le proprietà salutistiche del latte crudo e le differenti componenti aromatiche autoctone dei singoli pascoli che si trasferiscono poi nei formaggi tradizionali prodotti in quelle stesse aree. Inoltre, il Prof. Barbano fa parte anche di un Nucleo Scientifico Internazionale Multidisciplinare che sta collaborando a dei progetti bilaterali con il Co.R.Fi.La.C. di Ragusa.
Infine, nel terzo convegno, si è sottolineato il ruolo delle nuove frontiere della ricerca sulle proprietà salutistiche delle materie prime agro-alimentari. La scienza e l’agricoltura devono “fondersi” a garanzia dell’intero sistema di qualità.
Fattore di assoluta importanza in questo convegno è stato l’Acido Coniugato Linoleico (CLA), un’antiossidante naturale presente nel latte e, quindi, nei formaggi, con straordinarie proprietà antitumorali. Si tratta di un acido grasso davvero insolito, la cui struttura presenta un doppio legame, quasi come l’acido grasso linoleico, ma allo stesso tempo molto simile all’acido grasso oleico. Ancora una volta, la quantità e la qualità di CLA presente nel latte è influenzata dalla razza animale e dal fatto che gli animali rimangano al libero pascolo, quindi, dalla qualità dei pascoli che varia sensibilmente anche tra pianura, montagna e altopiano. Il pascolo contribuisce ad un forte aumento dell’acido grasso linoleico nel latte e, più in alto si sale a pascolare più diminuisce la varietà di erbe a disposizione dell’animale ma, allo stesso tempo, più aumenta la quantità di acidi grassi che vengono bio-idrogenati nel rumine. Inoltre, è stata rilevata (in particolar modo nel Ragusano D.O.P. con lunga stagionatura) una concentrazione molto elevata di Squalene, una sostanza che stimola nelle donne la secrezione di estrogeni e che diventa quindi importante per contrastare la menopausa.
Concedetemi di citare i più grandi ricercatori al mondo in materia di proprietà antiossidanti ed antitumorali dei prodotti lattiero caseari che erano i relatori di questo convegno e che, spero, contribuiranno a scrivere una pagina importantissima nella lotta al male del secolo: Giorgio Calabrese, Università Cattolica Sacro Cuore, Piacenza, Italia; D. E. Bauman, Cornell University, USA; D. L. Palmquist, Ohio State University, USA; J. M. Griinari, University of Helsinki, Finlandia; Y. Chilliard, INRA, Francia; M. Collomb, Swiss Federal Dairy Research Station, Svizzera; G. Licitra, Università di Catania, Italia; S. Carpino, Co.R.Fi.La.C., Italia; S. La Terra, Co.R.Fi.La.C., Italia; S. Banni, Università di Cagliari, Italia; C. Ip, Roswell Park Cancer Institute, USA e M. M. Ip, Roswell Park Cancer Institute, USA.
Segue.....
Foto di
Alexey Klen da
Pixabay