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Per Porthos Edizioni: Il formaggio - 4a parte

Per Porthos Edizioni: Il formaggio - 4a parte

Questo articolo, scritto da Erasmo Gastaldello è stato pubblicato sulla rivista "Porthos" n° 11 - settembre 2002 - curata da Sandro Sangiorgi. Vengono "raccontati" alcuni cenni storici, produttivi e legislativi del formaggio.

“La fine del formaggio.?.?.?.?.?”

Beh, questo almeno è quanto era stampato sulla quarta di copertina dello scorso numero ma, tranquilli non si tratta certo di catastrofismo piuttosto la frase assume un ché di imperativo nei miei confronti nel senso che mi impone di finire l’approfondimento su questo tema.
Effettivamente ho iniziato a trattare questo argomento sul numero 8 di Porthos preannunciando che avrei utilizzato lo spazio a disposizione di “Trame e sapori” per 2 o 3 numeri e ora, che sono arrivato al quarto, sono di fatto in eccesso. Spero di non avervi con ciò annoiato ma la mia passione per questo comparto alimentare mi porta a non finire mai...
Come fare allora?
Ho deciso che in questo articolo finirò di raccontarvi come si arriva al formaggio pronto per il consumo dopo che nello scorso numero ho approfondito quale enorme rilevanza rivestano anche fattori apparentemente molto “semplici” quali l’animale, il pascolo, il latte.
Quello che però non vi posso promettere è di riuscire a finire completamente l’argomento considerato tutto quello che c’è da dire a difesa e a valorizzazione di un mondo così fantastico.

Una volta stabilito il trattamento a cui sottoporre il latte di partenza, si dovranno affrontare tutte le successive fasi che porteranno al formaggio pronto per il consumo. Possiamo suddividere queste fasi in 4 punti fondamentali.

1)Coagulazione del latte:
La coagulazione del latte avviene grazie al caglio, costituito principalmente dall'enzima chimasi, presente nello stomaco di animali lattanti (vitelli - capretti - agnelli). Il caglio, che oggi è perlopiù chimico, è preparato da industrie specializzate che forniscono un prodotto costante come attività enzimatica e igienicamente sicuro e viene proposto liquido, in polvere o in pasta.
Si aggiunge il caglio dopo un breve riscaldamento (30-33°C), così il latte coagula e forma la cosiddetta cagliata che diventerà poi formaggio.
Un tempo, il caglio era prodotto direttamente nei caseifici o dai pastori, utilizzando stomaci (pellette) essiccati e macerati in acqua salata o in siero. Prima ancora, si usavano cagli vegetali ricavati dal latte di fico o dai cardi (carciofi selvatici). Quest'ultimo viene ancora utilizzato, anche se molto raramente in quanto è più lento e dà una resa alquanto inferiore soprattutto nella lavorazione di alcuni pecorini toscani prodotti artigianalmente ed in alcuni formaggi irlandesi di fattoria e sta comunque riconquistando un forte interesse anche da parte di piccoli produttori che riescono in questo modo a proporre un formaggio un pochino più delicato e soprattutto più tollerabile anche da chi soffre di intolleranze alimentari.

2) Tipi di paste:
Il formaggio ottenuto, viene classificato a pasta cruda, semicotta o cotta.
Il formaggio è a pasta cruda se la temperatura del latte non supera i 38°C e la cagliata viene messa subito negli stampi a spurgare e poi a stagionare; è un formaggio a pasta semicotta se la cagliata viene riscaldata fino a 48°C e cotta se la temperatura supera i 48°C.
Un discorso a parte riguarda i formaggi a pasta filata, tipo le mozzarelle, le scamorze, ecc.; in questo caso la cagliata viene prima messa a maturare su delle tavole o sullo stesso siero in modo che si innesti un parziale processo di demineralizzazione per l’asportazione di calcio dal coagulo. Il paracaseinato monocalcico che ne deriva è plastico e plasmabile e diventa filante in acqua calda a 80°C circa.

3) Salatura:
Ottenuto il formaggio e riposto negli stampi, si passa alla fase della salatura che può essere fatta a secco strofinando il sale sulla superficie della forma, o in salamoia immergendo le forme in soluzioni di acqua e sale o direttamente nella cagliata fresca, anche se quest’ultima operazione avviene in pochi casi.
La durata della salatura può variare moltissimo da tipo a tipo di formaggio: si va dai pochi minuti dei formaggi freschi, al mese intero, come nel caso del grana, a tutto il periodo della stagionatura, come nel caso del Feta greco.

4) Maturazione e stagionatura:
Questa è la vera fase di tipicizzazione dei formaggi durante la quale si originano la struttura ed i caratteri organolettici di ogni singolo tipo. Durante questa fase si verificano complesse reazioni fisico - chimiche ed enzimatiche dovute alle caratteristiche del latte, alla presenza del caglio e, soprattutto, all'azione microbica.
Sulla cagliata intervengono numerosi processi biologici in funzione del tipo di microflora, della tecnologia di caseificazione, del contenuto di umidità, del tenore di cloruro di sodio della pasta, della pezzatura del formaggio e della temperatura e umidità dell'ambiente di conservazione.
I microrganismi eterotrofi [Lactobacillacee e Streptococcacee (generi Pediococcus, Leuconostoc, Streptococcus)] producono acido lattico e traggono l'energia di mantenimento e sviluppo dagli zuccheri.
I batteri lattici (i microrganismi più numerosi) sono anche i principali utilizzatori a scopo energetico del lattosio presente nella cagliata.
A fare maturare il formaggio è la fermentazione che questi microrganismi subiscono. Tale fermentazione può essere omolattica oppure eterolattica.
La differenza sostanziale tra i due tipi di fermentazione consiste nella quantità di acido lattico prodotto (maggiore nell'omofermentazione) e nel rapporto tra acido lattico, anidride carbonica e alcool etilico o acetico (maggiore nell'eterofermentazione).
La fermentazione omolattica è sicuramente la più diffusa nella produzione casearia, mentre quella eterolattica è presente solo in alcune lavorazioni ed è riconoscibile dalla presenza di piccole occhiature uniformemente distribuite già nei primi giorni dopo la produzione come nel caso del Pannerone.
Le specie microbiche innestate vengono scelte in funzione del prodotto che si vuole ottenere; alcune producono aroma e acidità, altre hanno particolari capacità di rompere la molecola caseinica dando origine alla proteolisi, alcune necessitano di particolari temperature per svilupparsi e altre ancora sono più o meno rapide nel riprodursi.
Lo sviluppo microbico può interessare tutta la pasta (fermenti lattici) o solamente alcune parti della forma, come i microrganismi di superficie (Bacterium linens, Penicillium camemberti).
L'aspetto forse più importante della maturazione dei formaggi è costituito dalla proteolisi o demolizione proteica dalla quale dipendono struttura e sapore del prodotto finito.
La rottura della molecola caseinica libera azoto solubile e genera peptidi, peptoni e amminoacidi liberi e, in alcuni casi, ammoniaca da amminoacidi.
Le sostanze azotate derivate sono più semplici del caseinato e più facilmente assimilabili; è infatti più difficile digerire una mozzarella che non un formaggio stagionato.
La proteolisi è veloce nei formaggi a pasta molle o caratterizzati da microflora fortemente proteolitica (Gorgonzola, Taleggio, Brie, ecc...), ed è invece molto più lenta nei formaggi a media e lunga stagionatura, ma con esclusiva microflora lattica, come il Parmigiano.
Anche i grassi subiscono, con la stagionatura, un processo di demolizione generando acidi grassi che a loro volta si trasformano parzialmente in metilchetoni e in diversi componenti aromatici. (I formaggi magri con meno sostanze hanno, di conseguenza, meno sapore).
Durante la maturazione non ci devono essere grosse escursioni termiche e di umidità: 4-5°C e più del 90 % di umidità per i formaggi molli senza crosta o con sviluppo microbico superficiale; 15-20°C e 75-80 % di umidità per i formaggi a pasta dura e crosta secca, a media o lunga stagionatura.
Oggi i magazzini più attrezzati per la stagionatura sono dotati di computer in grado di controllare temperatura e umidità e di garantire un costante ricambio d'aria, anche se è comunque la continua presenza dell'uomo il fattore più importante per la buona riuscita finale.
Con la sua esperienza, l'addetto alla stagionatura, decide quando è il momento opportuno in cui si devono pulire, risalare, oliare, rivoltare, lavare con salamoia le forme che dovranno avere crosta morbida e vischiosa o dura e asciutta, oppure fiorita.
In ogni caso, una crosta sottile e ben definita sarà sempre indice di una corretta e molto curata fase di maturazione.
La crosta, infatti, condiziona il passaggio dei liquidi interni della pasta verso l'esterno e regola quindi l'evaporazione e il passaggio nell'ambiente dei gas che si liberano durante la maturazione.
Certi formaggi maturano in maniera omogenea in tutta la pasta, altri iniziano a maturare dalla crosta verso l'interno (maturazione centripeta), con una notevole azione proteolitica.

Classificazione della pasta del formaggio:
Terminata la fase di maturazione che può durare ore, giorni, mesi o diversi anni, il formaggio viene classificato in base alla consistenza della pasta che può essere molle, semidura e dura e all'aspetto della stessa: compatta, più o meno occhiata, filata, erborinata, granulosa.
In ogni caso la pasta dovrà essere omogenea, priva cioè di fessure dovute a difetti di lavorazione quali la scarsa aderenza dei granuli di cagliata, l'inglobamento di aria durante l'immissione negli stampi o processi fermentativi gasogeni, tutti comunque indici di una non perfetta qualità.
Anche l'occhiatura che può essere piccola, media o grossa (in relazione al tipo di formaggio), non deve presentarsi in maniera anomala, per esempio piccolissima nell'Emmental o molto grande nel Parmigiano.

La composizione del formaggio:
Il formaggio occupa, da sempre, uno dei primi posti tra gli alimenti ad alto valore nutritivo. In esso, infatti, si concentrano la maggior parte delle sostanze presenti nel latte, considerato l'alimento naturale più vicino alla perfezione.
Nel formaggio si ritrovano la caseina, il grasso e le sostanze associate quali calcio, fosforo, potassio e magnesio, oltre a varie vitamine liposolubili (A, B, D, K).
Tutto ciò varia, comunque sensibilmente, in relazione al tipo di formaggio.

A seconda della maggiore o minore scrematura a cui è sottoposto il latte si avranno:
  • formaggi grassi con un contenuto di materia grassa, calcolata sulla sostanza secca, non inferiore al 42%;
  • formaggi semigrassi con un contenuto di materia grassa inferiore al 42%, ma non minore del 20%;
  • formaggi magri con un contenuto di materia grassa inferiore al 20%.

    Gli zuccheri, invece, non sono presenti in quantità apprezzabili in quanto anche il lattosio è ben presto trasformato ad opera dei microrganismi che lo utilizzano come fonte alimentare e, dopo idrolisi, lo modificano in composti più semplici e quindi più assimilabili dal nostro organismo.
    Il formaggio diventa quindi un alimento necessario a qualsiasi età per il grande apporto di sali minerali, proteine e vitamine e per la sua alta digeribilità.

    Scrivevo sul numero 8: "...alla fine di tutto ciò saremo finalmente giunti al…punto di partenza! Avremo cioè acquisito quelle nozioni base che ci permetteranno di “entrare” nei dettagli specifici di un singolo formaggio, o magari di una categoria di prodotti caseari, sapendo che cosa significhino certe terminologie del settore..."

    Ora ho proprio finito anche lo spazio...spero di avervi condotto ad un buon punto di partenza...arrivederci!

    Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay
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